Lo sviluppo manageriale del Terzo Settore. Una scelta obbligata.
ECONOMIA E LAVORO | 28 OTTOBRE 2020
Il fenomeno del Terzo settore nel corso degli ultimi due decenni ha subito una crescita esponenziale, non derivante da trasformazioni istituzionali ma da uno sviluppo organizzativo e professionale delle organizzazioni non profit. Per cercare di comprendere cosa abbia reso possibile tale crescita abbiamo chiesto l’aiuto di due esperti del Terzo settore: Claudia Pozzi e Filippo Savio.
In questo articolo vogliamo riflettere sul tema del Terzo Settore e sull’importanza di individuare condizioni e strumenti che possano far accrescere le organizzazioni non profit piuttosto che la loro credibilità, in un momento particolare come quello in cui stiamo vivendo, dove si fa fatica a ricevere donazioni e fondi anche a causa di alcuni scandali del passato, legati ad organizzazioni poco raccomandabili che hanno danneggiato quelle serie, nate invece, per uno scopo e diventate un punto di riferimento per molte persone in difficoltà. Un sistema per non incappare in organizzazioni non profit scellerate e illegali, ci viene fornito dalla certificazione OLC (Onlus Certification), proposta dalla società AACHEN, progettata da un team di consulenti con oltre 30 anni di esperienza nella compliance normativa e legislativa. Parlare di Terzo settore, vuol dire riferirsi anche a realtà che abbiano la capacità di innovazione per competere e distinguersi in modo legale.
Il fenomeno del Terzo settore nel corso degli ultimi due decenni ha subito una crescita esponenziale, non derivante da trasformazioni istituzionali ma da uno sviluppo organizzativo e professionale delle organizzazioni non profit. Per cercare di comprendere cosa abbia reso possibile tale crescita abbiamo chiesto l’aiuto di due esperti del Terzo settore: Claudia Pozzi e Filippo Savio.
Breve scheda introduttiva di Claudia Pozzi:
dopo alcuni anni trascorsi nel campo delle pubbliche relazioni e degli eventi speciali, Claudia Pozzi nel 1991 inizia a collaborare con il primo studio in Italia di Consulenza di fundraising per le organizzazioni non profit, lo Studio Lentati, dove ha gestito diversi clienti tra cui ActionAid (ai tempi Azione Aiuto), Missioni Don Bosco e la Lega del Filo d’Oro per le attività di acquisizione e gestione dei donatori. Attualmente fa parte del Network Magnetica (mymegnetica.net) insieme ad altri 5 professionisti del Terzo Settore con differenti specializzazioni che permettono di rispondere a tutte le esigenze di una ONP. E’ socia senior di ASSIF – Associazione Italiana Fundraiser.
A Claudia Pozzi abbiamo rivolto le seguenti domande:
Il terzo settore rappresenta oggi una realtà produttiva ed occupazionale al centro di un interesse crescente, in che modo pensa si debba procedere per renderlo una reale opportunità di impiego in modo organizzativo e culturale?
“Le organizzazioni Non profit dobbiamo ricordare che nascono principalmente da una “spinta emotiva” che porta le persone a dare una risposta a un bisogno. A questo poi segue “l’organizzazione della struttura” per rispondere a questo bisogno che negli anni, giustamente, è stata sempre più regolamentata. Io svolgo il lavoro di fundraiser da 30 anni e ho visto la grande trasformazione, all’inizio lenta e poi sempre più accelerata, del Terzo Settore che è stato dotato di leggi e norme man mano che è cresciuto e ci si è accorti che rappresentava non solo una risposta ai bisogni della società ma anche una importante forza “economica”. Quindi è da tempo un settore che offre opportunità di impiego: i dati Istat del 2018 indicavamo 359.574 istituzioni non profit attive che complessivamente impiegavano 853.476 dipendenti. La crescita del Terzo Settore ha creato negli anni la richiesta di figure professionali per la gestione e la conduzione delle organizzazioni non profit. Quindi, al di là delle leggi e decreti di riforma dovrà e sarà sempre più soggetto a cambiamenti importanti: dalla managerialità alla trasparenza gestionale, alla capacità strategica ed operativa. Ogni organizzazione dovrà dimostrare di saper meglio programmare, di saper operare nel modo più specchiato ed efficace possibile. Oggi non è più possibile gestire le organizzazioni solo col cuore e la buona volontà, come molti ancora pensano e vorrebbero. Ogni azione dovrà coinvolgere in modo più professionale e con un linearismo impensabili solo a fino a qualche anno fa. Tutto il sistema dovrà essere capace di alzare l’asticella della legalità e lo Stato o chi collabora con esso, avrà il duro ma inevitabile compito di controllare che la legalità sia un leit motiv della massima rigorosità”.
Data la sua esperienza nel Terzo Settore, pensa che con la Riforma del Terzo Settore il ruolo del fundraiser possa diventare fondamentale nella relazione dell’intermediazione tra enti e cittadini per dare le giuste garanzie ai donatori?
“La riforma del Terzo settore ha introdotto un’importante innovazione: è stato riconosciuto per la prima volta il fundraising come attività connessa alla ONP e questo ha contribuito a dare maggiore riconoscimento anche alla professione dei fundraiser. Il problema, ancora in molte realtà, è il riconoscimento del fundraiser come professionista e non come “persona volontaria” o pagata a raggiungimento di obiettivo. Il fundraiser è sempre stato colui (o colei) che mette in relazione l’Organizzazione e i cittadini, creando la fiducia necessaria per convincere il potenziale donatore a sostenere la causa. Il primo a dover essere etico e trasparente è il fundraiser, è il primo a “metterci la faccia”, di conseguenza si fa promotore all’interno della propria organizzazione di buone pratiche gestionali improntate alla massima trasparenza. La crescita delle settore e quindi delle organizzazioni sta richiedendo e richiederà sempre più professionalizzazione e nuovi modelli di fundraising, anche per le più piccole ONP. Ma il solo fundraiser non potrà fare molto se mancheranno elementi indispensabili quali: la capacità di progettare le attività, di raggiungere gli obiettivi e la capacità di rendicontarle e tutto nel modo più trasparente e chiaro possibile. Il compito del fundraiser di creare consenso intorno alla causa della sua ONP avrà poca efficacia se la reputazione della sua Associazione sarà negativa. Per negativa non intendo solo di notizie non buone (scandali, notizie non belle) ma anche di comunicazione scarsa o non efficace o di un’organizzazione non ben strutturata ed efficiente”.
Quali sono secondo lei gli strumenti che possono far accrescere le Organizzazioni Non profit (oggi ETS) piuttosto che la loro credibilità, in un momento tra l’altro particolarmente complicato come questo per poter continuare a svolgere i loro progetti?
“Il numero delle organizzazioni del Terzo Settore cresce ogni giorno e questo crea una grande competizione, soprattutto sul fronte della raccolta fondi. Una maggiore “concorrenza” e il contesto sempre più complesso richiedono un continuo adeguamento delle capacità strategiche, progettuali e operative. Una comunicazione emotiva costituisce la base per un’efficace strategia di raccolta fondi ma in uno scenario come quello attuale di complessità e crisi, dove lo Stato e altri grandi finanziatori saranno sempre più in difficoltà, bisognerà offrire ai potenziali donatori elementi di “garanzia e trasparenza”. La presentazione dei bilanci sociali delle Organizzazioni e il loro impatto, l’efficienza della gestione rispetto alla raccolta fondi sono fondamentali ma costituiscono un’auto attestazione che non hanno la forza data dalla credibilità che sia rivestita di “ terzietà”. Una certificazione fatta da terze parti indipendenti contribuisce notevolmente a dare “credibilità” alla ONP verso il donatore e tutti gli stakeholder e attiva un processo virtuoso che garantisce anche una maggiore efficacia dell’Organizzazione. Soprattutto ha efficacia verso le aziende che giornalmente hanno a che fare con standard riconoscibili quali ISO 9001 (qualità), ISO 45001 (sicurezza, igiene e salute) ISO 14001 (Ambiente), SA 8000 (etica,..). I loro imprenditori, i manager ed anche i dipendenti che vi lavorano se ritrovano la filosofia della terzietà nelle Organizzazioni che decidono di sostenere, ne hanno maggiori garanzie e affidabilità. Già diverse Associazioni di Imprese di Corporate Social Reponsibility danno precise linee guida alle aziende in materia di Risk Management. Le prime Organizzazioni che hanno già intrapreso queste strade stanno andando benissimo a conferma che le aspettative degli stakeholder vengono ben soddisfatte”.
Quali sono i fattori che potranno esercitare maggiore impatto sull’evoluzione dei profili professionali di quanti operano nel mondo del non profit e determinare, pertanto, relative implicazioni in termini di bisogni generali e di complessivi orientamenti formativi?
“Le professionalità che oggi servono per la gestione di una ONP sono diverse, cambiano a seconda della dimensione organizzativa, così come accade passando dalle PMI alle grandi aziende. Parlando di quello che mi riguarda da vicino, il fundraiser, è una figura professionale molto particolare che negli anni è diventata sempre più complessa per le diverse competenze che deve avere. Anche i cosiddetti soft skill sono importanti per lo svolgimento della professione. Un fundraiser non deve solo conoscere e gestire il “donatore” ma deve interfacciarsi anche efficacemente con tutte le componenti della sua ONP. Nei miei 30 anni di esperienza ho visto crescere la figura del fundraiser, passando dal dilettantismo al professionismo ma c’è ancora da fare. Quando ho iniziato le uniche possibilità di formazione erano all’estero o sui libri in lingua inglese. Poi è nata Assif – Associazione Italiana dei fundraiser che è diventata il punto di riferimento per color che svolgono questo lavoro e ha contribuito al riconoscimento della nostra professione. Nel frattempo sono nati corsi e scuole di formazione sino ad arrivare ad avere anche dei master. Il nostro lavoro richiede, come ormai tutte le professioni, continui aggiornamenti e anche la capacità di innovare prendendo spunti anche da altre discipline. La professionalità non è cresciuta solo per la figura del fundraiser ma in tutte le funzioni di un’Associazione. Abbiamo ancora tanto da fare nel Terzo Settore per assicurare trasparenza ed efficienza ed evitare che nascano scandali come quelli recenti di Caritas Bergamo o Uniti per Cremona”.
Adesso passiamo la parola a Filippo Savio, un manager che arriva da contesti professionali differenti all’interno del Terzo Settore, con un percorso, formativo, strutturato e anche a scopo volontaristico. Ultimamente è diventato presidente di una Onlus che si occupa (di sviluppo sostenibile su progetti internazionali) del commercio equosolidale.
Breve scheda introduttiva di Filippo Savio:
Filippo Savio ha lavorato per 35 anni nelle Risorse Umane, di cui 25 con ruoli manageriali, focalizzandosi nella formazione, nelle relazioni industriali e nello sviluppo della cultura del miglioramento continuo (Lean/kaizen).
Attualmente è consulente senior nelle Risorse Umane, formatore accreditato AIF (associazione italiana formatori) e componente del direttivo AIF di Piemonte e Valle d’Aosta.
In ambito di volontariato è stato per più di 10 anni capo scout AGESCI, è socio sostenitore di Amnesty International, volontario in un centro di ascolto Caritas e, dal mese di settembre 2020 Presidente della cooperativa EquAzione operante nel campo del commercio equosolidale.
Ecco le domande rivolte a Filippo Savio:
Il ricorso ad attività di aggiornamento e iniziative di formazione per il funzionamento delle organizzazioni, può rappresentare un’offerta valida, per colmare un’effettiva lacuna nel management del Terzo Settore?
“Certamente aggiornamento e formazione sono importati per le organizzazioni del terzo settore perché permettono di accrescere le competenze, soprattutto nella gestione manageriale. Una buona gestione manageriale permette alle organizzazioni del terzo settore di essere più efficienti e soprattutto sostenibili dal punto di vista finanziario”.
Che genere di orientamenti formativi potrebbero rivestire una funzione prioritaria nello sviluppo delle esigenze del Terzo settore?
“Come orientamenti formativi potrebbero rivestire una funzione prioritaria:
- Gestione dei progetti utilizzando strumenti come il Business Model Canvas, che ha una sua versione specificatamente dedicata al terzo settore.
- Implementazione di schemi di certificazione quali OLC 2015, creato appositamente per gli enti del terzo settore.
- Sviluppo di una cultura del miglioramento continuo (Lean/Kaizen), già positivamente sperimentata nella gestione delle emergenze da alcune ONLUS statunitensi”.
Sarebbe possibile prevedere degli itinerari formativi che coinvolgano anche la figura dei volontari?
“Il coinvolgimento dei volontari negli itinerari formativi è fondamentale. Già oggi non si diventa capi scout o volontari nella Croce Rossa senza aver positivamente superato specifici percorsi formativi. L’essere volontario non vuol dire non avere competenze specifiche o essere esentato da un percorso di certificazione delle competenze necessarie per l’attività di volontariato. L’attività del volontario dovrebbe essere un esempio di professionalità”.
Il terzo settore ha bisogno di sviluppare adeguate figure con capacità dirigenziali?
“Oggi una delle priorità degli Enti del terzo settore è proprio lo sviluppo delle capacità dirigenziali. Come detto dal coach Velasco è necessario passare dal “gruppo” alla “squadra” e, per fare questo le capacità dirigenziali sono decisive”.
Maurizio Losorgio